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SPIGOLO VINCI (INTEGRALE) – CENGALO

domenica 28 luglio ‘13


Ho programmi ambiziosi, sogno un’impresa con la I maiuscola ma la mia proposta si scontra subito con i piani degli altri caiani e naufraga come una barca in mezzo alla tempesta. La notizia mi getta nel totale sconforto, soprattutto perchè le previsioni hanno annunciato bello stabile e caldo; non mi sembra possibile che ci lasceremo sfuggire un’occasione tanto ghiotta! E invece va proprio così: ognuno per la sua strada mentre nemmeno troppo in lontananza vedo una grande X rossa abbattersi sull’ennesimo week end.

Ma dopo le lunghe ore di depressione, quando oramai lo scacco matto sembra l’unica certezza, provo a muovere le pedine nel disperato tentativo di salvare capra e cavoli. Sarà una soluzione di ripiego ma, almeno questo è il mio convincimento iniziale, se questo fosse stata l’alternativa di qualche anno fa, l’avrei sognata e desiderata intensamente.

Così faccio partire la mail alla quale Riccardo non tarda a rispondere: “non sto nella pelle, però...”. Però?! Come “però”!?!Mi sembra incredibile, la beffa del secolo; la conclusione più ovvia di un anno fin qui andato a rotoli: si potrebbe fare di tutto ma non trovo i soci! Non mi resta che darmi all’alpinismo estremo solitario!

E così arriva l’ultimo giorno utile; sono in trepidazione, Riccardo sembra svanito nel nulla ma, proprio quando credo di dover giocarmi un’alternativa all’alternativa, arriva il messaggio: si va!

Sono le 7 del sabato sera quando ci troviamo poco sotto i Bagni a smistare il materiale nei due zaini e poi, pronti via, iniziamo a spararci l’immane salita verso la Gianetti. In realtà il rifugio è solo un punto nella valle perchè noi, da buoni comaschi risparmiatori, ci accomoderemo nei nostri sacchi a peli, sotto un tetto di stelle! Ho ben chiaro i programmi per l’indomani e non tardo a esporli al mio nuovo compagno d’avventura: se dev’essere spigolo Vinci che sia l’integrale! Lui non batte ciglio e così mi assopisco in attesa di voltare una nuova pagina del mio diario caiano.

L’alba e i rumori della cucina del rifugio mi destano da un sonno ristoratore durante il quale mi sono limitato a lottare con la granitica corda-cuscino prima di sostituirla col più comodo piumino. Lasciamo così il bivacco per incamminarci verso il nostro obiettivo mentre già qualcuno, ben più mattiniero di noi, ci precede verso la nostra stessa parete ma in formato tascabile. Così sono da poco passate le 7:30 quando metto le mani sulla roccia: inizio a leggere le prime righe di questa storia senza trovare segni di precedenti passaggi ma facendomi solo guidare dal cuore caiano a dalle scarne informazioni della relazione. L’avversario si rivela però più ostico di quanto avessi previsto, costringendomi ad usare tutta la mia super potenza di free climber! Così, sul diedro della terza lunghezza, mi fondo con la roccia estraniandomi dalla realtà circostante mentre le scarne protezioni mi osservano impegnato in una lenta progressione verso lo spigolo. E poi è un’arzigogolante rincorsa tra le guglie della montagna, una specie di slalom durante il quale, a tratti, mi sembra di portarmi dietro un TIR. Intanto, i metri di roccia si srotolano sotto le nostre scarpette e, finalmente, arriviamo alla famigerata schiena di mulo: con approccio baldanzoso, direi irrispettoso, lascio la sosta per assalire un tiro al limite umano. Ma siccome sono Superman, do una rapida occhiata al passaggio, individuo una buona tacca ma soprattutto il cristallo giusto per il piede e, con un paio di movimenti, mi isso alla fessura. Seguendo la provvidenziale spaccatura, salgo verso l’alto e ben presto anche questo famigerato tratto è sotto di me. Superato il tiro successivo, un monumento corallifero dello stillicidio, ci proiettiamo quindi verso un bel diedro che supero pinzando le numerose lame per poi raggiungere lo spigolo dove un vento freddo mi tiene compagnia in attesa dell’arrivo di Riccardo. Intanto mi gusto il trailer di Tarantino: un’inaspettata fessura dall’aspetto poco rincuorante sui corre la lunghezza successiva; sono tentato a spegnere la TV e gettare la spugna, ma al pensiero di lasciare tutto incompiuto, ho un moto d’orgoglio, acquisto il biglietto ed entro in sala. Così, mentre la fessura sale infischiandosene delle mie ambizioni caiane, io la riempio di friend seguendone lentamente l’andamento fino a riuscire a domarne i bollori e trovarmela così ai miei piedi. I titoli di coda sono una pura e veloce formalità, tanto rapida da farci raggiungere le altre cordate che ancora attendono il proprio turno per scendere dalla parete, così ci accodiamo (forse non molto pazientemente) nella speranza di scampare ad un probabile temporale.

E così alla fine anche questa è fatta, una salita più pepata di quanto previsto ma che, forse proprio per questo, si è rivelata di maggiore soddisfazione.


Cavallo Goloso


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