racconto della via renata al torrione del pertusio, grignetta (lecco, lombardia)


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RENATA – TORRIONE DEL PERTUSIO

sabato 20 luglio ‘19


Un genio! Non c’è che dire: sono un genio! Complimenti! Standing ovation!

Per prima cosa mi inabisso nel vortice della larva cominciando a capire cosa significhi poltrire a letto cosicché usciamo di casa che sono passate le 11. In sostanza all’ora in cui il vero, puro, duro caiano è già praticamente in vetta: io invece faccio come l’FF milanese che, dopo la storta del venerdì sera, c’ha bisogno del tempo per ripigliarsi. Solo che, nel mio caso, la storta è quella del mignolino sbattuto contro il divano! Frega un cazzo: sono con Jo e questo basta e avanza. Mica posso prendere il piede di porco e farla cadere dal letto anche perchè, visto che nessuno ha pensato a sollevarmi con una gru, mi trovo anch’io nella stessa posizione orizzontale! Così ai Resinelli arriviamo che manca poco all’una: il caiano, a quel punto, se non è già all’osteria a brindare, per lo meno si sta divorando il panino al salame già sul sentiero del rientro perché poi con la caldazza sale anche il rischio temporale. L’FF milanese, resosi conto che c’è troppo umido per la prestazione e siccome c’è la tipella con cui non può mica sfigurare, gira i tacchi e, dopo un gambo di sedano col tofu, opta per andare a mostrare i muscolazzi in qualche spiaggia giù al lago. Fraclimb invece se ne fotte di tutto; a lui gliene frega solo di essere con la biondina Jo con cui fare qualche vietta tranquilla rigorosamente senza un cazzo da mangiare (né il panino alla salamella né il sedano col tofu) perchè lui si deve allenare per il cainesimo extreme dove non c’è mica tempo per rimpinzarsi. Poi cosi Jo ha ben motivo per fargli la ramanzina che non va mica bene saltare i pasti, che il cervello ha bisogno di zuccheri, eccetera, eccetera. Fraclimb la guarda inebetito con lo sguardo acuto da pesce lesso e poi, alla Homer Simpson con tanto di bavetta gocciolante, conclude: “zucchero: ahaa!”. La troppa carenza di carburante ha già fatto effetto su ciò che resta della massa cerebrale.

Il problema è scegliere la via. Magnaghi scartati perchè Jo c’è già stata col corso. Giro del Fungo eliminato perchè Jo l’ha fatto alla seconda uscita in Grignetta, quella dopo la dormita in cima alla montagna. Direi che non ci resta che andare in zona Rosalba, giusto per vedere qualcosa di nuovo. Si potrebbe anche azzardare una Segantini ma, appunto, l’azzardo forse è meglio evitarlo. A questo almeno i due ingranaggi del cervello paiono arrivarci. Così puntiamo allo spigolo Marimonti: bella via, roccia da Grignetta, una doppia e poi si è al rifugio. Direi il top! Solo che, mentre la torre Cecilia si avvicina (insieme a tutti quelli che incontriamo già diretti verso la macchina), pure le nuvole nere a cornice dell’obelisco vengono a farci visita. Andare o non andare? Andare o non andare? Il cervello prova a ricordarmi qualcosa. Non sei con Cece. E fin qui ci sono. Sei con Jo. E anche qui tutto quadra. Se non vuoi fare la frittata (o i polli arrostiti), forse potrebbe essere meglio allontanarsi da quei rivoli di panna scura. E così si sveglia il genio che c’è in me. L’Albert Einstein della situazione, il Leonardo da Vinci del caianesimo. Peccato solo avere qualche baco nella memoria da Pico della Mirandola. “Jo, torniamo indietro che non mi va di rischiare di fare il pesce fritto in parete?”. Tanto c’ho già il mio asso nella manica! E così continuo iniziando a sparare inconsapevoli balle: “C’è la Renata (e Jo mi fulmina con lo sguardo) al Pertusio (dagli occhi di Jo smette di tuonare e compaiono due punti interrogativi)... È più difficile della Marimonti ma comunque fattibile, quasi da corso (certo, se si vuole essere certi che l’allievo appenda subitole scarpette al chiodo): c’è un tiro duro (e mi viene in mente il terzo, quello della fessura), il resto è occhei”. E come no? Anche Ondra ha provato un 7a con i guantoni da box, questo non significa mica che il 7a sia facile ma ovviamente, tra il cervello bacato e la memoria che fa acqua da tutte le parti, questo è il massimo che riesco a tirare fuori. Vai poi te a capire perchè cavolo abbia lasciato la guida in auto... Ah già: per essere più leggero! Il risultato è che, passati sotto lo spigolo Mir assicuro la Jo: “Qui ci sarebbe un’altra via, solo che non l’ho mai fatta e quindi, non avendo la relazione (ma dare un occhio al cellulare e vedere se prende è troppo difficile?), non saprei come sia il percorso”. Mi pavoneggio per la mia cautela, certamente mi starà facendo guadagnare punti smussando quella fama da malato di crode che mi segue come la puzza fa con la puzzola. Illuso: non ho la minima idea che mi sto per andare ad infognare su una via che avrei fatto meglio a lasciare perdere.

Così ci troviamo sotto il diedro per poi iniziare a litigare a metà del primo tiro e quindi lungo gran parte del secondo. Jo sprizza di gioia tanto che mi becco un simpatico dito medio alzato prima della fessura. E il gesto non vuole essere un messaggio sessuale subliminale. Inizio allora a precipitare verso il vortice del panico: vedo in fondo la parola “Fanculo” mormorata dalle labbra di Jo e poi la logica conseguenza “Madovecazzomiporti?Iononcivengopiù!”. Così provo a rattoppare la situazione ma in realtà sto solo preparando il terreno, senza saperlo, per la più grande cazzata della giornata: “Scusa... Non mi ricordavo fosse così dura... Se vuoi scendiamo (intanto il fondo dell’imbuto del panico si avvicina a velocità siderale)”. E qui forse mi dovrei fermare e attendere una sua risposta. E invece no! Siccome sono un professore dell’idiozia ho la brillante idea di proseguire e sparare la cazzata gigante: “Manca però solo un tiro duro... Poi dopo diventa facile...”. Lei mi guarda con occhi speranzosi rassegnandosi a dover soffrire e lottare solo per un’altra lunghezza e abbocca alla mia involontaria trappola. Alla fine passiamo anche la fessura e poi parto per l’ultimo tiro che col cazzo è il più facile! Anzi: devo iniziare ad arzigogolare a destra e a manca per venirne a capo e finalmente assicurare Jo. Ora ho proprio dato validi motivi per cui lei mandi definitivamente a cagare lo stronzo che l’assicura. Jo parte: si allontana dalla sosta e poi, con ottica caiana, si sposta verso sinistra dove la parete risulta più abbordabile. Perfetto! Se non che la via salga diritta per alcune balze compatte. Il risultato è che Jo deve ritornare verso destra evitando il pendolo della morte con annessa visita alla torre Cecilia e a quell’infido spigolo Marimonti su cui ora splende il sole. Alla fine riesce a salvarsi senza scuoiarsi sulla parete e a raggiungere un idiota paralizzato sull’orlo del precipizio: mi aspetto come minimo una bella girata così corro ai ripari facendo il mea culpa e alla fine riesco ad evitarmi una sonora lavata di capo anche se mi gioco il bacio di vetta, tutto sommato un fio più che accettabile per un imbecille incrodato!


Cavallo Goloso


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sabato 13 aprile ‘13


Devo gareggiare col mio rivale, non ho alternative: Micol deve tassativamente studiare ma forse ho un briciolo di speranza perchè si liberi per il pomeriggio. Così, mentre lascio che gli amici si sparpaglino lungo la catena alpina, mi rassegno all’ennesima giornata al Sasso Giallo in una giornata in cui finalmente sembra che la primavera inizi a fare il suo dovere. Si fa però presto a scombussolare i piani, magari quando si è ancora indecisi se balzare giù dal letto o restare ancora un po’ sotto le coperte; così l’intuizione è come un poderoso calcione nel didietro: scatto come una molla, arraffo vestiti e materiale per poi balzare in auto alla volta della Grignetta. Tutto perchè domani si prefigura un succulento banchetto al Sasso Cavallo, neve e, soprattutto, parete bagnata permettendo. Così, l’unico modo per fugare ogni dubbio, è salire al Rosalba e da lì osservare attentamente la situazione; ma solo la scampagnata, equivarrebbe all’ennesimo sabato buttato e quindi non posso che puntare al vicino Pertusio che, con le sue facili vie, si presta ottimamente ad una scalata in solitaria. Superato con rapida foga il sentiero d'accesso, sono alla base del diedro bagnato di Renata: la scalata svolta subito verso il difficile! Salgo con cautela combattendo con la viscida fessura e l'acqua sgocciolante fino a uscire all'asciutto e raggiungere il terrazzino con la prima sosta; il più sembra fatto e ora non mi resta che proseguire lungo il tiro successivo: la corda fila lentamente e io mi ritrovo alla base del fessurone che rappresenta il futuro. Il presente è invece la ripetitiva discesa con annessa risalita per recuperare il materiale.

Sono così nuovamente al massimo punto raggiunto mentre mi trovo a studiare i nuovi movimenti: alcune piccole tacche mi permettono di raggiungere una buona posizione poi, dopo una decisa tirata, sono fuori dalle difficoltà. Supero quindi gli ultimi metri e poi, dopo un'altra lunghezza, sono in cima al torrione. E la prima è fatta, forse con più tempo del previsto ma almeno l'ho messa in sacoccia!

È quindi ora la volta della vicina Santo Domingo: superato il diedro comune della prima lunghezza, devo affrontare un tratto verticale con chiodatura datata per poi entrare nel regno del marcio; anche oggi quindi mi gusto una piccola dose di caianesimo! Il resto della salita è prima una breve scaramuccia con la corda che si impiglia sotto lo zaino e poi un'appagante arrampicata sul bel diedro dell'ultimo tiro. Così, dopo circa 450m di scalata, mi ritrovo per la seconda volta sul punto più alto del picco mentre lo sguardo volge verso monte. Ora, zaino in spalla, arranco per il ripido prato che porta alla cima del pendio oltre il quale si nasconde la sud del Cavallo. Evitando potenziali scivoloni sul giallo paglione, finalmente il prato cessa di salire e, valicato lo stretto crinale si getta verso nord precipitando sotto una fitta foresta ancora avvolta nel bianco letargo invernale. Scorro con lo sguardo giù per il dirupo, ne raggiungo il fondovalle e poi, faticosamente, risalgo lungo il pendio che mi sta di fronte: prima sono gli alberi ancora spogli, poi questi si diradano lasciando sempre più spazio ai pascoli ingialliti finchè il prato domina lo spazio prima di cedere a sua volta alle masse calcaree della parete. Il Sasso Cavallo si erge là in fondo, si leva a scatto sopra la distesa erbosa sulla quale oramai non restano che rari e sparuti rimasugli di neve. In val Cassina, invece, mi immagino già alla prese con gli sci per una discesa estrema della stretta spaccatura: domani si sale da Mandello! E poi la parete: incredibilmente asciutta, in perfette condizioni; domani sarà ancora estrema lotta con l'alpe!


Cavallo Goloso


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