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MIX SULLA NORD – TORRE COSTANZA

sabato 24 settembre ’16


Alla fine anche oggi sbagliamo via: all’inizio non troviamo l’attacco, quindi riusciamo a rientrare sul percorso giusto per poi svicolare sul tratto più impegnativo inanellando così una miscellanea di tiri che ci permette di traversare in diagonale praticamente tutta la nord della Costanza.

In realtà sarei tornato volentieri al Carbonari ma, causa raffreddamento del Jag insieme a previsioni un po’ incerte, evitiamo un altro bivacco e miriamo alla teoricamente più comoda Grignetta anche se poi ci complichiamo l’esistenza puntando al gruppo Costanza-Mongolfiera. Così, dopo un lungo periodo, torno a calpestare il sempre più dissestato sentiero che porta alla Fisarmonica ben consapevole dell’intricato percorso ma scoprendo anche che, nel frattempo, un sottile velo ingannatore è calato come la nebbia sulla mia memoria. Poi arriva il canale, simile ad un letto di un torrente che ci porta all’ultimo tratto ripido e incassato prima di uscire sul prato verticale finale. So già con certezza dove dobbiamo attaccare o meglio questo è quello che credo: se solo avessi letto attentamente anche la guida della richiodatura del 2002! Così mi dirigo sicuro tra la partenza della via del Littorio e l’Altra Faccia della Grigna. Del resto la mitica guida del CAI è più che chiara: la via dei Corvi sale per una placca tra la via di Cassin e quella del Ricky che, a sua volta, dovrebbe salire dalla lapide, decisamente un incipit poco benevolo! A metterci poi ancora più nei casini, ci pensa un chiodo con tanto di logori cordini poco più a sinistra della targa ricordo: anche se da quaggiù la linea non sembra viaggiare sul V come promesso, la via non può che salire da qui. Con questa convinzione, mi carico il materiale e inizio il mio braccio di ferro con la vecchia ossuta e la sua falce. Per prima cosa decido che sia meglio raggiungere l’unica protezione già infissa salendo da sinistra col risultato che, per rinviare il chiodo, mi devo allungare e non poco. Quindi piazzo un bel friend a ulteriore sostegno e mi areno contro la placca. Praticamente non ho la minima idea su dove piazzare i piedi: ed è solo V! Scure nubi si avvolgono nella mia testa senza riuscire comunque a scatenare la tempesta anzi, ben presto si allontanano mentre mi decido a tirare la fessura, spalmare le estremità e continuare verso l’alto. Salgo guardingo allontanandomi un po’ dalla placca alla ricerca di un rifugio tra le lame a sinistra. Un vecchio chiodo mi trae ancora di più in inganno: lo supero e poi mi infilo tra le lame soprastanti. Le picchio e la signora in nero si mette a battere i bonghi: gran bella cosa! Provo a fare l’elefante in una cristalleria e, alla fine, raggiungo la salvezza della soprastante via del Littorio. Il cocktail inizia: seguo brevemente la via di Cassin verso destra fino a decidere di sostare ad un ottimo resinato poco sotto la tipica lama che forma una specie di camino. Sembra strano che la via passi pochi metri a destra: sopra le nostre teste, la parete diventa compatta, apparentemente invincibile con i chiodi; forse che la via comntinui ancora più a destra, oltre l’Altra Faccia? Con questa idea, inizio il secondo tiro: traverso deciso verso destra rinviando uno spit del Vitali per poi finire in un camino-canale dove torno a puntare verso l’alto. Finalmente trovo un altro chiodo: forse siamo sulla via dei Corvi anche se poco sopra si apre il mondo del marcio! Forse che si debba passare ancora più a destra, dove la parete strapiombante sembra meno repulsiva? Provo con questa soluzione e mi sposto quindi in quella direzione sostando su un comodo spuntone. La partenza del terzo tiro è una formalità che mi fa sbattere sotto lo strapiombino; piazzo un paio di chiodi e un friend ma non ho alcuna intenzione di appendermi: se dovessero saltare, piomberei verso il basso sfracellandomi sulle cenge sottostanti! Alla fine ritiro ogni velleità e lascio il campo al Jag. Non che con lui la situazione si smuovi: concludiamo che da lì non abbiamo gli attributi per passare e, tolte le protezioni, torniamo sui nostri passi per poi salire il tratto finale del canale e raggiungere la sosta del Vitali. In realtà la scelta si rivela azzeccata: mentre ci recupera infatti, il Jag lancia un grido che accompagna l’avvistamento di un chiodo! Allora il nostro obiettivo sale da lì! In effetti non tardiamo a individuare i ferri del passaggio, giusto un paio di metri dagli spit della via moderna! Quando parto, provo anche a raggiungerli solo che poi desisto e risalgo lungo gli spit: il primo chiodo che dovrei rinviare infatti è infilato nella roccia solo per la punta e l’idea di appendermi mi da un certo orrore. Così per la Grigna si sente un’esclamazione di scoramento: la mia scelta ha fortemente deluso e forse colto di sorpresa i padri del caianesimo ma proprio non me la sento di imbarcarmi su quei vecchi ferri. Seguo quindi la strada facile macchiandomi di un grave peccato che cerco comunque di addolcire staffando a destra e a manca fino al termine del tratto più duro. A questo punto, vado a insozzare la purezza della via dei Corvi (o almeno così credo) lungo il suo facile tratto finale inanellando una specie di trans-Costanza, mischione eterogeneo di antico e moderno.


Cavallo Goloso


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